mercoledì 14 novembre 2012

Lindy Hope.

Volevo scrivervi di Genova, del Be-Lindy Zena Camp.
Ma non lo farò.
Almeno, non ancora.
E' che lì, per la prima volta in Italia, ho incontrato Jamin Jackson.
Sono già mesi che leggo il suo blog, dove ho potuto nuovamente constatare come spesso l'ispirazione nel ballo può accoppiarsi all'ispirazione sul lato umano. Ma è cosa prevedibile, vista l'eredità che ci ha lasciato Frankie Manning (Pling! Ma ogni volta che nomino FM mi pagano? No. Allora chissà perché insisto...).

Jamin è un giovane di successo, nella sua vita personale e lavorativa, e ovviamente nella sua strada di Lindy Hopper. Nel suo blog ci sono moltissimi consigli, sia pratici sulla pista, che intimamente personali, alcuni dei quali di un'illuminante semplicità.
Uno di questi, non certo una novità, intediamoci, sulla carta, ma nel 90% del tutto ignorata nelle nostre vite quotidiane, è quella che il nostro successo viene determinato da una serie interminabile di piccole scelte.

Questo mi ha fatto riflettere sull'abitudine, sul "costume" della nostra scena romana, di fare costantemente, piccole, insidiose scelte sbagliate.
Mi sono chiesta perché tanto spesso scegliamo di dire la cosa peggiore, di allearci con l'esempio peggiore del momento, di assumere atteggiamenti dentro e fuori la sala da ballo che non aiutano nessuno, né noi stessi, né i nostri amici o partner di ballo, nè la nostra scena.
Perché? Tutti noi siamo stati, per vie diverse e traverse, portati al Lindy Hop.
Tutti ne condividiamo l'eccitazione, la grande soddisfazione e l'euforia unificante, eppure quando ci troviamo a scegliere fra A o B, tendiamo a scegliere l'opzione che ci allontana, o immediatamente o a lungo termine, proprio da quanto tutti condividiamo.
Quest'estate, in vacanza, con aria fresca e meno impellenze quotidiane, forse ho trovato un piccolo barlume di lucidità, che prima che scomparisse del tutto ho voluto fermare sulla carta (bugia, era una tastiera), per condividerlo con i pochi che sono arrivati a leggere fin qui.
La risposta che mi sono data è che le persone che non scelgono il meglio, tendono ad essere una compagnia assai rassicurante.

Immaginate la conversazione fra due persone, entrambe umane, perciò con i loro difetti, le loro fragilità, i loro blocchi mentali, di fronte ad un argomento, facciamo il caso, che so, di un nuovo giovane insegnante che "irrompa" in città; la prima persona, diciamo Gino, sceglie di non sbilanciarsi in giudizi nè positivi nè negativi, per non prendere da subito una posizione.
☛  Non prendere una posizione, solitamente, tende ad essere una scelta non del tutto negativa, ma certo non rientra nella categorie delle "scelte buone".
La seconda persona, facciamo Pino, sceglie, visto che la precedente "posizione non-posizione" gliene lascia l'opportunità (che fa l'uomo ladro...), di virare su una posizione del tutto negativa, parlando male, stroncando sul nascere il nuovo arrivato e spettogolandoci magari un po'.

Gino a questo punto si trova davanti a tre scelte:

A) ribadire la propria confortevole neutralità
B) lasciarsi trasportare ed avallare se non rafforzare in peggio la chiacchierata alle spese (e alle spalle) del malcapitato
C) scegliere di contrastare l'onda negativa e apportare alla conversazione argomentazioni positive e aperte.

In caso di A) o B) Gino & Pino si saluteranno molto tranquilli, avendo l'altro ribadito a sé stesso che si può essere persone mediocri senza sentirsene troppo in colpa.
Ma una persona che scelga, caparbiamente, di virare la propria umanissima piccolezza verso un'ipotetica persona migliore, è una compagnia mooolto meno tranquillizzante.
Ti infastidisce quando non dà spazio al tuo peggior pensiero, tenta di sedartelo e magari ti manda a casa col tarlo nella testa che anche tu potresti tendere ad un te stesso un po' meno meschino, un po' meno preoccupato del tuo orticello, un po' meno attaccato all'immagine gonfiata di te.

Credo che sia molto più facile che una persona positiva venga lasciata isolata, piuttosto di una che magari tenga il piede in mille scarpe, che pensi sempre male e abbia una "parolina di fiele" per tutti.
Ma credo anche che, come le scelte determinano chi sei, sul lungo percorso, determineranno il tuo successo o fallimento.
Se il Lindy Hop ci ha trovato, chi a 20 anni chi a 40, chi per un concerto chi per un film, chi per un caso chi per un amico, e ci troviamo oggi a Roma in poco più di 100 a condividerne la passione/ossessione/possessione, credo che abbiamo tutti di fronte una serie molto lunga di scelte da fare.
Molto lunga perché ogni giorno ne abbiamo da fare, Lindy-parlando, almeno 2 o 3, e perché auguro a questa scena romana una longevità ben più estesa della mia.
Ma non è scontato. Ho letto di scene più grandi della nostra che si sono perse, sono sfumate per scomparire senza ritorno.
Ciascuna di queste piccole Lindy-scelte conta.
Conta molto più di quanto non pensi.
Se pensi che la tua piccola scelta, nell'intimità di una conversazione telefonica, magari ancor più se sei un principiante, conterà poco per il futuro del Lindy Hop a Roma, ti sbagli di grosso. Nessuno sa se diventerai uno dei leader di questa comunità, nessuno può sapere chi abbandonerà e chi resterà, nessuno sa quanto il tuo apporto sarà significativo per un'altra persona; perciò scegliere fra A o B, fra meglio o peggio, fra te come sei sempre e te migliore-di-te, conta davvero.

E non parlo di dire frasette buone per far bella figura e magari tenersi buono qualcuno, dico proprio PEN-SA-RE DI-VER-SO, di sfidarci esseri umani migliori e più grandi, più aperti, sì, OMG! lo dico: più buoni.

☞ Perché penso che una scena positiva, meno acida e chiusa, crescerà più forte e veloce verso l'essere "comunità", perché penso che in generale, dopo una settimana con quel testa di cazzo di capo ufficio, sia bello spendere il proprio tempo libero in un ambiente positivo. ☜

E infine perché penso che karmicamente il buono e il brutto ti tornano sempre indietro.

Io ci provo, chi mi conosce lo sa, non sempre ci riesco. Ma se ci si prova in due, o tre, magari ci vengono dietro pure altri, no? Insomma, io spero.




Lindynerd

Post Scriptum: il giorno dopo aver scritto queste righe, ho trovato questo sul sito della Frankie Manning Foundation:

"I feel like the most valuable legacy Frankie left us was not his steps, or his technique, or his style or his aerials or his choreography, or anything that happened on the dance floor. The legacy he left us was his beauty as a person, the warmth that has enfused the entire dance, and the entire community. Lindy Hop has come to be synonymous with the joyful energy and loving cameraderie that marks the global community, and THAT is the greatest gift that Frankie has left us."

"Sento che l'eredità di maggior valore che ci ha lasciato Frankie non erano i suoi passi, o la sua tecnica, o il suo stile o gli aerials o le coreografie, o niente che avesse avuto luogo sulla pista da ballo. L'eredità che ci ha lasciato è stata la sua bellezza come persona, il calore che si è riversato nell'intero ballo, e nell'intera comunità.
Il Lindy Hop è arrivato a diventare sinonimo dell'energia gioiosa e amorevole cameratismo che contraddistingue la comunità globale, ed è QUESTO il più grande dono che Frankie ci ha lasciato."

          Forse, dedicarsi all'energia gioiosa e all'amorevole cameratismo almeno quanto ci si dedica alla tecnica e alle figure, farebbe della nostra piccola scena in crescita davvero una casa "per i piedi felici",
e per il Lindy Hop. Almeno quello che, fiduciosamente, ci ha lasciato in eredità Frankie Manning, e con lui tutti gli "old timers" che non ci sono più.




3 commenti:

  1. mmmhhh boh...

    Quello che amo del lindy è che a 40 anni, alle 10 di domenica sera, do un bacio a mia moglie, esco, faccio 30 km, entro in un posto urfido dove ci sono 3/4 persone come me che amano il lindy e mi diverto, sudando almeno 3 magliette, punto.

    Non devo pensare a nulla: la scena di Milano che non esiste, io che faccio sempre gli stessi 15 passi in sequenza diversa, tutti i boogisti intorno a me che vanno fuori tempo e men che meno se sto facendo una scelta grande o piccola, giusta o sbagliata... ma chi se ne frega.

    Il lindy è questo: chi c'è, c'è. In quel momento, in quel posto. Se hai capito lo spirito, ti diverti, sorridi e balli, sei l'essenza del Lindy, che tu sia scarso o che tu sia un guru.
    Ma che t'importa se la scena della tua città cresce o rimpicciolisce? La scena sei tu e quei pochi altri che hanno capito! Il resto non conta, take it easy...

    Balliamo?

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  2. BEH...si parlava di preoccuparsi meno del proprio orticello...me pare che tu intorno al tuo c'hai messo il filo spinato!! ;)

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  3. Vorrei portarvi l'esempio di Madrid.
    Tutto è iniziato 5 anni fa dove i pochi ballerini che c'erano ballavano in strada. Ora sono più di mille, non ballano solo in strada, ma anche in posti con sofficissimo legno.
    Analizzando i pro: si diffonde la felicità lindy, si balla con moltissime persone (volendo), si diventa più bravi e c'è più lavoro.
    i contro: ...

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